Autopsy. Per gli amanti del genere un horror psicologico e di atmosfera che convince solo in parte

di Emiliano Baglio 14/03/2017 ARTE E SPETTACOLO
img

Probabilmente quando leggerete questo articolo le poche copie di The autopsy of Jane Doe (titolo italiano: Autopsy) presenti in pochissimi multisala saranno già sparite dalla circolazione. Come sempre più spesso accade i nostri distributori sono arrivati dopo che cinefili ed appassionati dell’horror avevano già visto il film con i soliti canali ed è già un miracolo che un film simile comunque sia arrivato.

Il nuovo film di André Øvredal è stato preceduto da alcuni premi vinti in giro per il mondo, delle tante recensioni positive raccolte sui siti di critica cinematografica, nonché dei commenti entusiasti degli appassionati di horror, eppure, a costo di essere minoritari, a noi sembra che tanto entusiasmo sia per lo più ingiustificato. Autopsy ha dalla sua una grande idea ed una straordinaria compattezza di fondo data anche dalla scarsa durata.

 Due uomini, Tommy (Brian Cox) ed Austin (Emile Hirsch), rispettivamente padre e figlio; un obitorio situato sotto la casa dei due ed un cadavere sconosciuto portato dalla polizia da sezionare entro l’alba, questi i pochi elementi di un film che si regge praticamente su quattro attori in tutto (di cui uno è la morta in questione) ed un solo ambiente. Øvredal si pone l’ambizioso scopo di dare vita ad un horror psicologico in cui la tensione salga lentamente trasformando ambiente e situazioni in altrettante minacce mentre sullo sfondo si agitano i conflitti irrisolti tra un figlio che vorrebbe andarsene via e cambiare vita ed il padre. Al centro il corpo morto di Olwen Kelly tanto bello quanto misterioso che da solo emana un’aura enigmatica ed ammaliante.

 All’inizio sembrerebbe un’autopsia di routine ma pian piano che il sezionamento va avanti quel corpo rivela particolari sempre più sinistri mentre l’atmosfera si fa malsana, la radio manda in onda canzonette che stridono con l’ambiente asettico della sala mortuaria e fuori infuria una tempesta che di fatto finisce per isolare i nostri eroi. Come detto in precedenza Øvredal più che puntare verso i facili spaventi tipici di troppi horror dozzinali contemporanei punta tutto sulla regia, sul montaggio, sugli ambienti e sugli attori cercando di costruire un meccanismo perfetto che rinchiuda lo spettatore insieme ai protagonisti in un crescendo di paranoia ed orrore. Tuttavia, occorre riconoscerlo, solo gli spettatori meno smaliziati cadranno nella rete; per gli appassionati del genere è sin troppo facile capire dove si andrà a parare. Mentre Tommy ed Austin cercano di capire quale sia l’oscuro passato di quel corpo, lo spettatore ha intuito da tempo quale sia la vera natura del cadavere. Lo stesso dicasi di alcuni snodi narrativi quali la sequenza nella quale i due vengono apparentemente inseguiti dal cadavere stesso, sin troppo facile intuire chi sarà la vittima del colpo di accetta. Il risultato finale è quello di un film che parte benissimo ma che ben presto si arena in situazioni scontate e che forse da troppi indizi allo spettatore col risultato che il mistero evapora presto, si rimane con un pugno di mosche in mano e all’atmosfera malsana si sostituisce un senso di già visto, di banale e di noia.

Un vero peccato soprattutto qualora si consideri lo sforzo profuso nel cercare di girare un film capace di incutere paura con pochi solidi elementi antichi quanto il genere stesso. Forse proprio questo generoso tentativo ha fatto sì che in tanti lodassero Autopsy, contenti di avere finalmente a che fare con un horror dal sapore antico che puntasse tutto sugli elementi filmici piuttosto che sugli spaventi creati ad arte magari con l’aiuto di un sonoro sparato a palla.

Alla fine ci si può pure accontentare, in fondo è così raro che gli horror giungano nelle nostre sale, soprattutto quando cercano di deragliare dal gusto comune imposto e soprattutto quando presentano per la loro intera durata il corpo di una bella figliola nuda al centro della stanza. Che Autopsy sia sopravvissuto alla censura e già un miracolo ma questo non basta a sollevare la pellicola da una stiracchiata sufficienza.

 

 


Tags:




Ti potrebbero interessare

Speciali